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Separarci per non separarsi

«L’amore vero, è il cammino in due verso la luce di un ideale comune.»
J. d’Hormoy

Autore(i): Dr.ssa Claudia Jasmin Marelli1e Dr. Massimo Micciulli2

INDICE

INTRODUZIONE

Il processo di separazione e individuazione è uno degli stadi evolutivi di maggiore risonanza emotiva e relazionale che ogni individuo sarebbe tenuto ad affrontare nel ciclo della vita.

Esso gioca un ruolo fondamentale nella costruzione della persona, in quanto individuo singolo e libero di esprimersi, e della strada che la futura relazione di coppia che lo stesso e il partner in causa decideranno di intraprendere.

All’interno di tale ottica quindi risulta di sostanziale rilievo un’analisi che ponga questo elemento come uno dei fondamenti per una sana e duratura relazione di coppia.

L’influenza del mito familiare è maggiore o minore proprio in funzione del livello di differenziazione che la persona ha raggiunto rispetto alla famiglia di origine.

La scelta del partner difatti è uno dei mezzi principali di trasmissione del mito familiare, che rappresenta il melange perfetto delle regole e dei ruoli che i genitori nel processo di crescita hanno trasmesso ai figli con il compito di cercare di mantenerli nelle future generazioni.

Carl R. Rogers (1970) definisce l’individuo pienamente funzionante come “una persona che vive appieno la propria vita all’interno di un processo fluido, che implica una sempre maggiore apertura all’esperienza del proprio organismo, come fonte affidabile di scelta”.

Il processo decisionale alla base della scelta del partner però sovente non riguarda solo i due attori protagonisti ma sottintende una struttura estremamente più complessa e di difficile gestione, cosa che anche lo stesso Rogers nel testo “Becoming Partners” (1972 a)3 ha più volte sottolineato.

Con ciò s’intende la presenza di “altri” significativi che hanno contraddistinto in modo rilevante la crescita e i processi evolutivi di separazione e individuazione della persona e rischiano di caratterizzare dunque anche il nuovo nucleo a due.

Questo lavoro quindi si svilupperà attraverso un’analisi del processo di separazione-individuazione che prenderà in considerazione anche quali potrebbero essere gli elementi di intralcio nella possibilità che esso si attui agevolmente.

Si tratteranno altre sfaccettature del fenomeno in causa e verranno delineate le caratteristiche principali del trattamento con la coppia secondo l’approccio centrato sulla persona di Carl R. Rogers.

Ricordando sempre quello che scrisse O’ Leary (1999)4: “Le persone vivono in relazione. I loro problemi sorgono in parte dai rapporti nei quali vivono la dimensione presente e dalle parole e dalle azione che le uniscono e le dividono dagli altri. Tuttavia, esse portano dentro di sé le interiorizzazioni di altre persone: l’autostima e il concetto di sé sono influenzati da come gli altri si sono posti nei loro confronti…I nostri clienti, che siano singoli o componenti di un gruppo, si presentano alla seduta di psicoterapia risentendo dell’interazione con i componenti sia della loro famiglia attuale che di quella d’origine”.


ANALISI DEL PROCESSO DI SEPARAZIONE E INDIVIDUAZIONE

“Durante il periodo adolescenziale molteplici sono le competenze e le nuove possibilità che il ragazzo acquisisce e che vanno ad arricchire il suo orizzonte esperienziale e le sua identità”…“questo è un periodo pervaso di cambiamenti consistenti che incoraggiano e spingono l’adolescente a sperimentarsi anche e soprattutto fuori dalle ‘mura domestiche’: forte è infatti la spinta di autonomia che essi avvertono, il bisogno di distanziarsi per differenziarsi, il desiderio di mettere alla prova i nuovi ruoli e le nuove idee che lo sviluppo fisico e sessuale e quello cognitivo consentono loro di effettuare” (E. Confalonieri, I.G. Gavazzi 2002)5.

Dal momento in cui la famiglia inizia a scoprire che il proprio figlio entra nella suddetta fase adolescenziale essa inizia a trovarsi di fronte al fatto di dover sostenere una criticità che le richiederà una ristrutturazione interna faticosa e complessa. Tale riorganizzazione dovrà necessariamente avvenire a molti livelli e avrà bisogno di un sforzo particolare, non solo per ripristinare una certa funzionalità e un certo equilibrio familiari, ma anche per far sì che ciò avvenga nei giusti tempi e nei modi più naturali possibili per le due parti in causa.

L’adolescenza, infatti, è una fase di vita che comporta un progressivo cambiamento fisico e psichico, una multiforme percezione della realtà, un’incessante sete di autonomia e vicinanza, il tutto volto alla continua ricerca di una propria identità.

“Se da una parte infatti egli avverte come forte la spinta emancipativa che in qualche modo lo porta fuori dalla famiglia, dall’altra parte chiede di ‘essere ancora dentro la famiglia’, chiede di essere protetto, attivando un necessario processo di ridefinizione dei rapporti fra lui e i genitori” (Zani 1997a)6.

La famiglia pertanto ha il compito di assumersi, in modo quasi esclusivo, il peso emotivo e relazionale che, con l’intensificarsi delle richieste che tale fase evolutiva comporta, diventa sempre più oneroso sul piano psicologico.

Il tentativo genitoriale di porsi con atteggiamento di accettazione positiva verso la prole sarà molto probabilmente ciò che permetterà all’adolescente di sperimentare quella “sicurezza di poter sempre ritornare…e di affrontare le nuove esperienze sentendosi, da un punto di vista affettivo, con le ‘spalle coperte’” 7.

Nel sistema familiare l’adolescente trova le conferme e le disconferme del suo atteggiamento, del suo essere ambivalente che, da una parte, lo conduce a divenire una persona indipendente ed autonoma con l’idea di essersi fatto da solo a prescindere dal nucleo familiare, mentre dall’altra presenta un, non molto spesso manifesto, profondo bisogno di appartenenza alla famiglia che si esplicita sotto ogni forma di richiesta di aiuto e sostegno.

La famiglia dunque è il luogo elettivo di apprendimento relazionale e di supporto che permette quindi di vivere intensamente l’esperienza irripetibile dell’adolescenza.

Sovente però i genitori sono estremamente preoccupati e disturbati nel riscontrare che le modalità relazionali da loro fino a quel momento consolidate debbono subire inevitabilmente delle modifiche in funzione dei nuovi e diversificati bisogni del proprio figlio.

“Per la prima volta i genitori si confrontano con un individuo che è davvero “altro” da sé, con un corpo dotato di una vitalità autonoma e separata che ormai sfugge al loro controllo”( S.Vegetti Finzi, A.M. Battistin 2000)8.

Spesso solo i familiari che riescono ad adattare la propria modalità interattiva alle mutate caratteristiche del giovane mantengono un discreto livello di soddisfazione relazionale. Quelli che, viceversa, faticano eccessivamente o addirittura non vi riescono, al decorso di tale fase evolutiva, rischiano di manifestare maggiori difficoltà ad espletare i compiti di vicinanza necessari al proseguo della vita del figlio.

Tale fase evolutiva viene definita come processo di separazione-individuazione.

La separazione, meta importante per la salute psicologica del nucleo familiare, s’identifica come processo fisico che necessita di un chiaro movimento disgiuntivo da parte di un membro, ed emotivo per l’espressione di una fase cruciale dello sviluppo del singolo e della famiglia intera.

Quello dell’individuazione emotiva, invece, proprio perché conseguente alla premessa della separazione, implica qualcosa di più profondo in quanto modifica i rapporti d’ogni altro membro e avvia un’indispensabile catena di mutamenti relazionali nel sistema familiare. Il risultato di questi nuovi arrangiamenti dipende dalla maturità della famiglia nel suo insieme, oltre che dalla maturità dei vari membri appartenenti in quanto individui singoli.

“Una sensibile capacità di ascoltare, una profonda soddisfazione nell’essere ascoltati; la capacità di essere più autentici, che a sua volta promuove maggiore autenticità negli altri; e di conseguenza una maggiore libertà nel dare e ricevere amore: questi, nella mia esperienza, sono gli elementi che rendono la comunicazione personale maturante e arricchente”(Rogers, 1983 pag.28)9.


IMPORTANZA DEL PROCESSO DI SEPARAZIONE E INDIVIDUAZIONE PER LA PERSONA

Compito di colui che deciderà di abbandonare il nido genitoriale sarà quello di progettarsi sia da un punto di vista lavorativo che emozionale – relazionale.

Avrà quindi il dovere di realizzare quello che Erikson10 chiamava bisogno di ‘generatività’: ovvero il bisogno di tramandare, insieme ad un’altra persona con cui si condividono ideali e progetti, oltre che gli aspetti più piacevoli e spiacevoli della vita quotidiana, l’esistenza, propria e della specie, generando ed educando nuove generazioni.

Fondamentale quindi in tal senso è il ruolo del contesto familiare d’appartenenza, diversi aspetti dei compiti evolutivi infatti possono essere enfatizzati e stressati, spesso in modo indebito, proprio dalle figure che fino a quel momento hanno svolto la funzione di supporto alla persona.

Come già detto in precedenza, di fatto, proprio perché per l’adolescente separarsi dai propri genitori significa anche impegnarsi nella costruzione della propria identità e nella progettazione della futura vita affettiva e lavorativa, egli vive in uno stato di continua oscillazione tra desiderio di autonomia e d’indipendenza, da una parte, e desiderio di dipendenza, dall’altra (Minuchin, 1974)11; tra bisogni di attaccamento e cura e bisogni esploratori.

Per i genitori però il momento del distacco dal figlio può divenire luogo di una rivisitazione del proprio processo di separazione-individuazione della famiglia d’origine e della riorganizzazione della vita di coppia in previsione dell’uscita del membro in questione.

Il processo di emancipazione del figlio sarà favorito o ostacolato dalla capacità dei genitori di tollerare adeguatamente il progressivo distacco dal ragazzo oltre che di accettare i cambiamenti di ruolo all’interno del sistema familiare che questa separazione comporta e comporterà in futuro.

Il superamento dei compiti di sviluppo può avvenire secondo modalità diverse e produrre esiti positivi o negativi.

L’esito positivo del processo di separazione tra genitori e figli può essere definito, con Stierlin (1975)12, un’individuazione correlata, ossia la possibilità per i membri delle due generazioni (genitori e figli) di raggiungere un più alto grado di individuazione e di identità all’interno della relazione familiare stessa.

Ma perché così tanta importanza al processo di separazione e individuazione in un lavoro sulla coppia?

Dall’Aglio C., Marmocchi P., Zannini M. (2005)13 citando l’autore Otto Rank (1932) affermano che egli distingue tra gli individui che hanno “paura di vivere“, il cui dramma esistenziale si traduce nella paura di essere separati da persone e cose protettive, nel rifiuto del cambiamento e nella paura di affrontare la novità e gli individui che hanno “paura di morire“, caratterizzati dal desiderio di diventare indipendenti e potenti, incapaci di vivere qualsiasi relazione o situazione che rimandi alla dipendenza. Se nella personalità prevale la prima paura, ci troviamo di fronte a “l’uomo conformista“, che non riesce a realizzare il proprio progetto di vita perché troppo preoccupato a difendersi dalla vita stessa. Se, viceversa, prevale la paura di morire avremo a che fare con “l’uomo nevrotico“ che ha comportamenti finalizzati all’affermazione di sé a dispetto degli altri.

Tale posizione si avvicina molto all’idea rogersiana secondo cui l’individuo che si trova a vivere in maniera funzionante e funzionale a se stesso è colui che riesce a vivere a pieno le proprie esperienze di vita, in un continuo processo fluido che presuppone la possibilità di raggiungere una graduale e sempre maggiore apertura verso il mondo, seguendo la propria tendenza organismica che sarà per la persona stessa la discriminante interna più attendibile per interfacciarsi alle scelte.

A sua volta, Maslow (1973) parla di individui che tendono all’autorealizzazione, come momento culminante di realizzazione di sé e delle proprie potenzialità, sostenendo che chi realizza in pieno se stesso acquisisce la capacità di apprezzare in modo sempre nuovo i valori positivi della vita, accettandoli con rispetto e meraviglia; ciò che può apparire banale per la maggior parte delle persone, diviene interessante e dotato di senso. (Dall’Aglio C., Marmocchi P., Zannini M., 2005)14.

Un buon esito quindi del processo di separazione – individuazione sarà ciò che in una certa parte dello sviluppo della persona gli permetterà di essere provvisto un locus of control interno e non determinato dai genitori e che consentirà quindi al futuro adulto di essere una persona in grado di tollerare l’ambiguità che di può presentare nella vita senza farsi spaventare, ma utilizzandola come strumento di crescita interna.

Questo sarà anche uno dei passaggi fondamentali nella ricerca di un partner, che dovrà quindi soddisfare tutta una serie di canoni che arrivano dalla persona stessa e non dal suo nucleo di appartenenza.


DALL’UNO AL DUE: LA COPPIA anche in un’ottica religioso – culturale

La parola “coppia” deriva dal latino “copula”, che significa congiunzione, legame, insieme. Incontrando la coppia si incontra un organismo complesso dotato di un’economia affettiva che trascende l’individualità.

Robert Neuburger (2001)15 definisce la coppia come “la storia di un incontro che dura, cioè di due persone che si sono incontrate e che per varie ragioni non si separano”; sono persone che dal momento in cui si sono incrociate hanno stabilito un legame decisamente particolare, che le porta ad essere parte di un microsistema a due, la loro coppia.

Etimologicamente il vocabolo coppia, nell’accezione occidentale del termine, sta a significare, due cose della medesima specie messe insieme. Esso differisce dal termine PAIO che invece implica l’idea di CONGIUNZIONE16, il sostantivo “coppia” quindi sottende l’idea di somiglianza, non di simbiosi e nemmeno unicità, bensì vicinanza.

Nella memoria religiosa e antropologica di tutto il mondo, la cellula fondamentale delle società tradizionali nei secoli non è mai stata considerata “l’individuo”, bensì la famiglia.

La coppia “feconda”, ad esempio nell’ebraismo17, è biblicamente e culturalmente considerata come il mattone della società e ad oggi essa appare molto distante da quella occidentale che, anche se fino a poco tempo addietro poteva essere accomunata da tale aspetto, ora si sta avviando verso una concezione che invece è basata sull’individuo in quanto elemento singolo, unico e irriproducibile.

Le tre lettere di sotto riportate si riferiscono a una sola parola che in ebraico vuol dire “coppia“.

zug

La parola, che si legge da destra a sinistra, si pronuncia“zug”
con la zeta dolce come in “zanzara” e non come in “zucchero”.
Il sostantivo “parola” in ebraico vuol dire anche
“cosa”; e se le lettere sono i mattoncini che formano
le parole a loro volta ogni lettera è anche una parola con significato proprio.
Quindi ogni lettera può essere “aperta” ed esaminata nel profondo e
via via la si può penetrare all’interno come la materia
che può essere “aperta” e frazionata fino alla dimensione subatomica e …..Oltre

La differenza visiva/grafica che vi è tra questa parola (scritta in stampatello) e quella scritta in corsivo zug , deriva dall’uso di due alfabeti distinti: il primo è chiamato “quadrato” classico, e l’altro è il “corsivo” moderno.

In entrambi i casi, grazie alla specificità della lingua ebraica che vede le lettere come parti costitutive e significative di una parola; esaminandone le singole lettere possiamo arrivare a comprendere il significato profondo della parola stessa.

Esaminiamo ora le singole lettere:

La prima si chiama “zayn” con la “z” dolce; è la settima lettera dell’alfabeto e pertanto fa riferimento al settimo giorno dalla Creazione, ciò che è chiamato lo “Shabbat” ovvero il giorno dedicato al riposo e allo studio: il tempo altro.

É anche il giorno in cui il rapporto nella coppia è persino auspicato.

zan

“Zan” porta il concetto di “sostentamento” e “zayn” è l’arma.

Come si vede, qui abbiamo l’archetipo della lotta per il sostentamento (pane e guerra in ebraico hanno la stessa radice).

La lettera “zayn” inoltre, ed era consequenziale, richiama l’organo maschile e possiamo quindi considerare questa lettera, la parte maschile della parola “coppia”.

vav

La seconda lettera è la “vav” , vuol dire “canale” o “gancio”, tant’è che viene usata come particella di congiunzione, come la“e” in italiano.

Questa è proprio la lettera che dà il senso della coppia come unione e scambio “passaggio” (canale).

La “vav” é la sesta lettera dell’alfabeto, quindi é in rapporto diretto con la Creazione che è avvenuta infatti, in sei giorni, da notare quindi come é attinente all’idea di coppia.

Questa lettera funge da congiunzione nella lingua ebraica, è interessante la posizione della lettera nel testo, infatti questa viene posizionata all’inizio della parola che deve essere congiunta.

Per esempio “Anna e Angelo” si scriverebbe “Anna eAngelo”, oppure “Angelo eAnna”.

Se osserviamo quanto scritto, abbiamo l’idea che effettivamente il primo elemento aggiunge o cede qualcosa al secondo, cosa che dovrebbe essere normale prassi per una convivenza di coppia.

ghimel

La terza lettera è la “ghimel”.

É anche la terza lettera dell’alfabeto e designa il cammello “gamal” che ha la capacità di procedere sulla pista senza bisogno di rifornimenti. Ora quando un bambino non ha più bisogno del “rifornimento” del latte materno noi diciamo che é svezzato, ed infatti leggiamo in (Gen 21:8) “…il bimbo (Isacco) crebbe e fu svezzato” , viene usato il verbo “gamal”.

Abbiamo quindi un aspetto del nutrire in una visione al femminile contrapposta a quella della “zayn”, maschile, del sostentamento conquistato con lo strumento dell’aratro/spada.

Questa pertanto è la parte femminile della parola “Coppia”.

Concludendo siamo di fronte a un insieme, la coppia, formata da una parte maschile che interagisce con il femminile, dove la seconda lettera, la “vav” costituisce quest’interazione che solo lo scambio e la comunicazione può favorire.

Anche in questo caso abbiamo un nuovo archetipo nel significato di coppia ovvero, coppia come simbolo della trasmissione della Vita.

zug


A questo punto la versione corsiva del testo, sopraccitata, maggiormente esprime tali concetti in quanto le due lettere esterne sono graficamente opposte ma sempre con quella “vav” in mezzo a cui il maschile e il femminile devono rivolgersi per meglio comprendersi e armonizzarsi.

Anche nella tradizione cristiano – cattolica la coppia nasce e si può analizzare come se fosse la costruzione di un disegno.

“Unidualità” 18, il termine che Giovanni Paolo II usa nella “Lettera alle donne”, esprime il senso della reciprocità sulla base del versetto biblico: “A immagine di Dio li creò, maschio e femmina li creò», [L’ebraico è più “intrigante”; il versetto andrebbe tradotto:”Egli lo creò maschio e femmina li creò” alludendo al fatto che Adamo era maschio e femmina ovvero; androgino cioè, era una “unidualità”; si, ma non una coppia, cioè, due unità. Solo la “VAV” della costola (mai nominata però nel testo originale, piuttosto si parla di “fianco”) avrebbe dato il senso della coppia; prima dividendolo in due individui, per poi riunirli in coppia: “Adamo eEva”.]cui Gesù rimanda nel passo evangelico sul matrimonio. Ad esso dunque fa riferimento un cristianesimo del “principio”, che voglia pensare la coppia umana andando alla fonte, per una migliore comprensione antropologica dell’uomo e della donna nella relazione che li rimanda, ciascuno e insieme, al Creatore, oltre che l’uno all’altra. Ogni progetto di rievangelizzazione non può che tornare a reinterpretare questo “principio”, ossia il disegno iniziale di Dio nel creare la coppia umana.

Con il termine reciprocità si esplicita il senso duale e unitario di una dinamica relazionale che privilegia la sollecitudine verso l’altro alla definizione dell’altro, la disponibilità a mettere in questione se stessi all’assunzione di modelli universalistici e statici di identità, la valorizzazione in se stessi e nell’altro delle risorse migliori da mettere in circolo nella relazione che costituisce l’io e il tu in alterità reciproca e feconda (analogicamente al “Dio della vita in ogni essere vivente”.

Il rimando a Dio, di cui l’uomo e la donna sono immagine, sottolinea l’importanza di un fondamento trascendente, in assenza del quale l’io e il tu si annullano, nella conflittualità permanente o nell’omologazione assorbente. A Dio rimanda la persona, che non può ristagnare in sé; senza un orizzonte verso cui trascendersi essa cessa di realizzarsi, senza tendere verso ciò che è più grande di lei diviene subumana. Perciò lo stesso Nietzsche sosteneva che l’uomo è “una corda tesa tra l’animale e il Superuomo, una corda al di sopra del precipizio”, “un ponte e non uno scopo”, “un passaggio e un tramonto” 19.

La coppia quindi è in continuo movimento in un gioco fatto di vicinanza e lontananza in cui elemento focale quindi risulta la comunicazione, l’interscambio, la relazione intesa come mezzo di pariteticità e reciprocità dei singoli.

La reciprocità nel senso di Lyman Wynne (1984)20 che “include la pariteticità e la supera con un processo che definisce come mutualità che fa riferimento a un comune riconoscimento che travalica la comunanza di ruolo che ciascun membro della famiglia ricopre”…“la reciprocità è perciò propria della relazione…”.


LA COPPIA: VICINANZA – LONTANANZA

“Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore
reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi
di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro
malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali, finché non ebbero trovato una moderata
distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione” 21.

Negli ultimi anni si sta assistendo ad un cambiamento profondo dei rapporti di coppia; difatti il modello tradizionale incentrato sulla coppia come nucleo matrimoniale si sta avviando verso una intima crisi strutturale e generazionale.

La maggiore libertà sessuale, l’incremento di atteggiamenti intolleranti verso i legami vincolanti e le formalità, insiti nella concezione tradizionalista del matrimonio, conducono numerose coppie a optare per la separazione e il divorzio precoci.

Formule molto più all’avanguardia di gestione dei rapporti sembrano donare ai singoli e alla coppia la sensazione, forse apparente, di vivere in una dimensione di maggiore libertà decisionale.

Il problema però è che non sembrano, ad oggi, essere ancora delle alternative molto più durature del rapporto convenzionale.

L’arrivo di figli all’interno del nucleo spesso conduce la coppia a ricercare una legittimazione coniugale per il bene dei nascituri e per ottenere diritti legali altrimenti difficili e controversi.

Eugenia Scabini e Vittorio Cigoli22 ritengono che il rapporto di coppia si fondi non solo su di un patto dichiarato (un patto che ha nel matrimonio la sua visibilità a livello sociale, che è sostenuto dall’impegno e da una progettualità comune connessa alla volontà di dare continuità alla relazione) ma anche su di un patto segreto. Quest’ultimo rappresenta un intreccio inconsapevole di bisogni e speranze che nascono dalla storia personale e familiare di ognuno e che ciascun partner si aspetta di soddisfare all’interno della relazione di coppia . Sulla base di questo intreccio si concretizza la scelta reciproca.

Enrico Cheli23, Psicologo psicoterapeuta, sociologo e docente universitario, sottolinea alcune delle possibili cause del fenomeno separazione.

In primo luogo mette in risalto come vi sia un certo analfabetismo emotivo-relazionale dei partner – entrambi – che non sanno comprendersi e relazionarsi, ma anche la latitanza della società, che non fa niente per educare le persone alla buona comunicazione, alla consapevolezza dei sentimenti e delle emozioni, alla gestione costruttiva della relazione. In passato le relazioni di coppia erano vincolate da copioni socialmente prestabiliti e rigidi e non richiedevano particolari abilità comunicative, mentre oggi sono diventate sempre più libere e flessibili, e ciò le rende più intense e stimolanti ma anche più difficili da gestire perché richiedono conoscenze e abilità che nessuno – né in famiglia, né a scuola – ci ha mai stimolato a sviluppare.

Questo aspetto potrebbe quindi essere davvero alla base dell’interruzione prematura di alcuni rapporti coniugali. La coppia infatti non è da considerare il luogo del “relax” relazionale, ma un sito in cui mantenere un canale comunicativo.

Ciò di fatto implica che anche nel rapporto a due sia sempre presente una buona dose d’impegno per comprendere se stessi, ma anche l’altro di fronte alle nostre mutevolezze.

“In secondo luogo, sottolinea sempre E. Cheli, il fatto che nonostante tutto sia cambiato, intorno e dentro di noi, il matrimonio ha mantenuto saldamente la sua identità arcaica… La motivazione stessa del matrimonio – mettere su famiglia – poneva in secondo piano il partner in quanto individuo, anzi entrambi erano chiamati a rinunciare alla loro individualità (ammesso che ne avessero mai potuta sviluppare una) a favore della famiglia”.

Questo aspetto si scontra quindi con una società in cui la valenza individuale lascia poco spazio a quella familiare.

La coppia a fatica riesce a far coabitare al suo interno dei singoli e un nucleo a due saldo; il nutrimento della coppia e la sua unicità potrebbero pertanto risiedere proprio nella possibilità di alimentare se stessi in quanto individui e la coppia in quanto luogo elettivo in cui potersi mostrare, con le proprie forze e soprattutto con le proprie fragilità.

Questo potrebbe far pendere l’ago della bilancia a favore di una coppia coniugale aperta, ma non disinteressata, stretta e non soffocante.

Allora Almitra di nuovo parlò e disse:
Che cos’è il Matrimonio, maestro?

E lui rispose dicendo:
Voi siete nati insieme e insieme starete per sempre.
Sarete insieme quando le bianche ali della morte disperderanno i vostri giorni.
E insieme nella silenziosa memoria di Dio.
Ma vi sia spazio nella vostra unione,
E tra voi danzino i venti dei cieli.

Amatevi l’un l’altro, ma non fatene una prigione d’amore:
Piuttosto vi sia un moto di mare tra le sponde delle vostre anime.
Riempitevi l’un l’altro le coppe, ma non bevete da un’unica coppa.
Datevi sostentamento reciproco, ma non mangiate dello stesso pane.
Cantate e danzate insieme e state allegri, ma ognuno di voi sia solo,
Come sole sono le corde del liuto, benché vibrino di musica uguale.

Donatevi il cuore, ma l’uno non sia di rifugio all’altro,
Poiché solo la mano della vita può contenere i vostri cuori.
E siate uniti, ma non troppo vicini;
Le colonne del tempio si ergono distanti,
E la quercia e il cipresso non crescono l’una all’ombra dell’altro.24


COMPITI EVOLUTIVI DELLA COPPIA

E. Scabini e R. Iafrate hanno espresso nel testo “Psicologia dei legami familiari” “il compito affettivo che si propone ai nuovi coniugi: prendersi cura dell’altro riconoscendo la sua specificità e la sua differenza di gender e di storia, in modo da attuare un movimento di reciprocità nelle varie sfere della vita”.

Tra i punti chiave di questo processo sono presenti i seguenti compiti evolutivi:

  • Prendersi cura reciprocamente: inteso come sintonizzazione dei comportamenti all’interno della coppia coniugale. Non il semplice aiuto nel momento del bisogno, bensì una concezione molto più ampia del legame e della forma dello stesso.
  • Credenze e aspettative: sui singoli e la coppia, e la delusione che esse comportano quando non sono sufficientemente realistiche da essere distrutte di fronte alla temporalità del legame.
  • Attribuzioni: intese come le interpretazioni dei comportamenti e degli avvenimenti da parte dei coniugi.
  • L’intimità: che si raggiunge attraverso la relazione ed è presente nel momento in cui si sta vivendo un patto di coppia ben riuscito
  • La comunicazione: la capacità di aprirsi all’altro rivelandosi e riconoscendo i propri punti di vista e la propria vita emozionale.
    • E il supporto: dare e ricevere il sostegno del coniuge, vedersi come agenti di cura e allo stesso tempo esseri bisognosi della cura dell’altro.
  • L’impegno: è l’elemento centrale per una stabilità relazione. Può assumere due accezioni, ovvero come “impegno verso il matrimonio come istituzione o meglio verso il legame matrimoniale in sé e impegno verso l’altro”.

Anche in questo testo sono presenti dei forti riferimenti al concetto di reciprocità, di scambio e di unicità e partecipazione del singolo nella coppia di sovente citati sia nella tradizione religioso – culturale che in quella psicologica..

In “Becoming partners” (1972)25 C. R. Rogers descrive quelle che a suo dire possono essere considerate le quattro condizioni centrali per la costruzione di una relazione di coppia soddisfacente e duratura.

Egli li chiama pertanto SCHEMI DI DURATA E ARRICCHIMENTO sottolineando che questi elementi sono fortemente in gioco nella costruzione e nella durata di un rapporto di coppia che si possa considerare soddisfacente per i partners.

  • Dedizione o Impegno?: come interesse comune ad arricchire costantemente la vita di coppia anche attraverso il cambiamento, l’unione dovrebbe essere vissuta come un processo continuo e non un contratto.
  • Comunicazione: come strumento di condivisione di qualsiasi sentimento e come mezzo di comprensione dei pensieri e sentimenti dell’altro, attraverso le parole o meno,
    • La comunicazione dei sentimenti reali, positivi e negativi; la risoluzione di conflitti e antagonismi; il cammino verso una personalità che accetta se stessa: tutte cose che, almeno in parte, potrebbero essere acquisite”. (C.R. Rogers 1970)26
  • Disgregazione dei ruoli: ovvero la possibilità piacevole di vivere secondo le proprie scelte piuttosto che le aspettative e i ruoli imposti.
  • Diventare due Sé distinti: che significa promuovere la scoperta di sé incoraggiando la crescita di entrambi.

Per Rogers nella coppia “la regola del gioco è il mutamento” difatti parlando della concezione tradizionale dei legami coniugali scrisse che: “il matrimonio e la famiglia nucleare sono un’istituzione fallimentare, un modo di vivere fallimentare”, ciò proprio per la staticità che rischia di nascere nella temporalità del rapporto.

“L’impegno è individuale, ma l’opera costante, difficile e rischiosa è necessariamente un’opera fatta insieme. Essa riconosce un rapporto come durevole solo se tale qualità di durata esista già attualmente”.

Stando a quanto osservato dallo stesso Rogers inoltre “Vivere conformemente a quanto ci si attende da un dato ruolo sembra sostanzialmente in contrasto con un matrimonio che muova in qualche direzione, che proceda”.

La capacità dei coniugi di riuscire a vivere immersi in un sistema culturale in cui ciascuno possa essere fondatore della propria storia coniugale senza troppe interferenze sembra quindi essere uno degli elementi fortemente implicati nel processo personale di ogni coppia.

Spesso difatti i meccanismi alla base delle aspettative riguardanti il coniuge sono decisamente influenzati da retaggi familiari che sono difficilmente arginati e arginabili.


LAVORARE CON LA COPPIA E IL SINGOLO IN TERAPIA IN UN’OTTICA ROGERSIANA

La terapia di coppia è un percorso rivolto a coloro che chiedono un aiuto profondo e radicale per affrontare le difficoltà che insorgono nella loro vita in comune; svariati motivi conducono una coppia coniugale a richiedere il supporto di un esperto, spesso però, malgrado essi siano fortemente presenti, non sono questi i motivi principali per cui due coniugi si rivolgono all’aiuto di uno psicoterapeuta.

Un particolare momento di crisi o situazioni che ormai da tempo sono cristallizzate nella relazione inevitabilmente hanno una ricaduta sul benessere dei singoli partners o, più in generale, della coppia. Tutti questi fattori possono condurre i coniugi verso una conflittualità esplicita o un disaccordo implicito che a volte portano alla decisione di separarsi nel tentativo di salvaguardarsi o salvaguardare eventuali figli.

“L’insorgenza di un conflitto e soprattutto la sua permanenza nel tempo sono sempre vissute dalla coppia come una fase penosa e di difficile gestione della propria vita insieme. Il conflitto è, infatti, quasi sempre un elemento di frustrazione rispetto al desiderio di felicità implicito in ogni relazione duratura”. ( in A. M. Ferreri)27

Risulta infatti complesso vedere che dal conflitto i partners possono uscire fortificati e arricchiti perché “ogni conflitto è un’opportunità per conoscere di più se stessi e l’altro, anche se quando ci siamo dentro può sembrare l’inferno”. (Krishnanda Amana, 2004)28

Appare centrale quindi porsi nell’ottica di ‘“un’esplorazione dei conflitti”, per indicare la modalità propria del terapeuta nel lavorare con la coppia in difficoltà e per mettere in primo piano l’importanza della comprensione profonda del senso dei conflitti della coppia da parte della coppia stessa, lasciando invece in secondo piano quella della sua conclusione”. (A. M. Ferreri 2005)29

La terapia con i membri di una coppia, di fatto richiede una precisa formazione da parte del terapeuta, non solo da un punto di vista prettamente professionale, ma anche per quel che concerne la sfera privata dello stesso.

Propensioni interne, storie relazionali fallimentari, pregiudizi rispetto ai coniugi o alleanze sbilanciate da parte dello psicoterapeuta ,possono produrre effetti distruttivi per il percorso in causa o peggio ancora mettere la coppia nettamente più in crisi.

L’attenzione anche ai miti o illusioni comuni che conducono la coppia in “trappole negative e invischianti” o peggio ancora che conducono il terapeuta verso queste derive sono elementi da tenere sempre presenti di fronte alla terapia con i due coniugi.

Riprendendo C. R. Rogers, Antonio M. Ferreri considera “il contesto specifico della terapia con coppie non richieda alcun sostanziale cambiamento del modo di essere dello psicoterapeuta centrato sul cliente”, facendo mente locale sulla coppia intesa sia come “sistema coppia” che come “singoli partners”.

“Carl R. Rogers nell’articolo del 1957 ‘The necessary and sufficient conditions of therapeutic personality change” aprì un dibattito nell’ambito della psicoterapia, affermando che sei condizioni erano necessarie e sufficienti per ottenere un risultato significativo, indipendentemente dal metodo utilizzato”. (O’Leary C. J. 1999)30

Le sei condizioni prevedono che:

  1. le tre persone coinvolte (coniugi e terapeuta) abbiano un contatto psicologico; questa condizione è stata denominata da Rogers postulato o condizione preliminare.
  2. i clienti si trovino in uno stato d’incongruenza e vulnerabilità;
  3. il terapeuta sia, all’interno della relazione terapeutica con i clienti, profondamente e liberamente autentico e congruente;
  4. il terapeuta abbia un’accettazione positiva incondizionatanei confronti di ogni aspetto dell’esperienza del cliente.
    • Ciò significa che vengono poste condizioni all’accettazione e che il terapeuta è pronto ad accogliere tanto i sentimenti positivi quanto quelli negativi. Questa attenzione e possibilità di accoglienza però non riguarda i comportamenti e gli agiti dei clienti, bensì tutta la sfera emotivo – relazionale che essi sperimentano dentro e fuori dal contesto terapeutico;
  5. il terapeuta sia capace di percepire il mondo personale del cliente “come se” fosse il suo.
    • Il terapeuta che sperimenta empatia può cercare di muoversi liberamente nel mondo del cliente e può sia esprimere ciò di cui il cliente potrebbe sentire il bisogno, sia chiarificare quegli aspetti dell’esperienza di cui il cliente stesso è scarsamente consapevole;
  6. i partners percepiscano l’empatia e l’accettazione incondizionata del terapeuta.

Queste condizioni sono i pilastri fondanti di un approccio centrato sulla persona che include sia la terapia individuale che quella di coppia o di famiglia.

L’attenzione al mondo interno del cliente e/o della coppia in stato di necessità conduce sempre il terapeuta in prima battuta, e in seguito per tutto il percorso psicoterapeutico, ad analizzare se e in che misura tali prerogative sono presenti e agiscono all’interno del contesto psicoterapeutico.


UN ESEMPIO DI TERAPIA CON LA COPPIA IL MODELLO DI O’LEARY

Secondo Charles J. O’Leary (2002), uno dei principali esponenti del versante umanistico della terapia relazionale, un percorso di terapia di coppia offre ad ogni partner uno spazio sicuro in cui potersi esprimere nella complessità delle proprie esperienze, nella propria storia esplorando i sentimenti personali, il tutto cercando di creare una dimensione comunicativa funzionale al recupero delle proprie risorse.

L’obiettivo principale, è che la coppia trovi nuovamente una propria dimensione relazionale e ciò può diventare possibile attraverso l’apprendimento di abilità comunicative che facilitino una comunicazione più autentica e quindi più intima.

Ciascuno dei coniugi, pertanto, all’interno del percorso può trovare lo spazio, il modo e il tempo in cui esprimere il proprio punto di vista, senza che l’altro si senta accusato, svilito e il tutto in un clima di tregua dalla quotidianità relazionale che fino ad allora li ha contraddistinti.

Questa esperienza offre la possibilità di creare uno spazio mentale che includa i bisogni personali, quelli del partner e della relazione, sperimentando e apprendendo la capacità di identificare ed esprimere i propri sentimenti, bisogni, cercando di aumentare la capacità di un ascolto empatico dell’altro.
Lo psicoterapeuta di coppia, specifica O’ Leary (2002), ha un ruolo più attivo e creativo rispetto alla terapia individuale, anche se si pone sempre in secondo piano rispetto al cliente, in questo caso rappresentato dalla coppia.

Lavorare per creare un clima nel quale entrambi i componenti della coppia possano sentirsi liberi di parlare e sicuri di essere ascoltati, in un modo del tutto diverso da quello al è quale sono abituati nella relazione.

È necessario che in prima battuta si ponga molta attenzione alla fiducia dei partecipanti, al fine di poter anche rinunciare alle prese di posizione superficiali per arrivare alla fonte della verità di ogni partecipante.

Ognuno verrà visto, sentito e accolto anche come individuo singolo e portatore di un mondo personale e relazionale, pratica insomma una parzialità multidimensionale.

Sarà necessario sondare motivazioni e aspettative per comprendere a pieno la spinta che ha condotto i coniugi a rivolgersi ad uno specialista.

Anche se negli anni di clinica e ricerca di Carl R. Rogers non sono presenti metodologie specifiche per l’approccio terapeutico con coppie e famiglie, O’Leary (2002) delinea, a partire dagli schemi di durata e arricchimento definiti dallo stesso Rogers, quali sono gli elementi della terapia di coppia secondo l’approccio centrato sulla persona:

  • CURIOSITÀ: la presenza e la partecipazione di una complessità coniugale che stimola lo specialista a conoscere i partners e la loro relazione, che essi stessi generalmente vivono come priva di unicità e particolarità.
  • UNA FILOSOFIA RELAZIONALE: tutto il modo di essere del terapeuta che prescinde dalla formazione specifica. Lo specialista nella sua multidimensionalità e personalità, oltre che con un bagaglio teorico-clinico.
  • LA CAPACITÀ DI “lasciar andare”: dare la libertà ai coniugi di essere i capitani della loro barca. Cedere il timone alla coppia che sarà poi quella che in seguito, una volta stabilito un buon clima relazionale, potrà indirizzarsi secondo le sue esigenze e non quelle del terapeuta.
  • L’EQUILIBRIO TRA CONFRONTO E ACCETTAZIONE: “il terapeuta efficace aiuta il cliente a vedere i suoi pensieri e comportamenti come parti della dinamica che produce i pensieri e i comportamenti del partner”( O’Leary 2002) Compito quindi del terapeuta in questi casi è quello di mostrare anche alla coppia che tali dinamiche avvengono e sono alla base dell’incongruenza che vi è tra quello che uno dei due dice e fa e quello che l’altro della coppia percepisce.
  • LA COMPRENSIONE EMPATICA DI CIASCUN MEMBRO: si riferisce alla possibilità di inserire elementi di terapia individuale anche nel contesto di coppia. Il singolo analizza, insieme allo specialista, parti di sé che potrebbero essere bloccate e influire pertanto sul rapporto coniugale. Sempre O’Leary (2002) in proposito “Sono convinto, peraltro, che le informazioni, i consigli e le aspettative siano disponibili ovunque e che ovunque i clienti, fondamentalmente, desiderino che il terapeuta consenta loro di essere incontrati e presi in considerazione come persone”.
  • LA FACILITAZIONE ATTIVA DEL DIALOGO: personalizzare i modi della facilitazione e della comunicazione in base alle caratteristiche specifiche della coppia.

L’approccio dell’autore ha la finalità quindi di permettere ai due partners di trovare un sostegno per procedere verso una definizione e differenziazione maggiori, cercando di scorgere quale potrebbe essere il proprio spazio coniugale e individuale accrescendo in tal modo le risorse già possedute e acquisendone altre.

È difatti necessario portare avanti un percorso personale e di coppia che accresca la propria consapevolezza, arrivando infine a sperimentare un’autentica intimità personale e di coppia.


CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

“Da giovane mi appuntai sul quaderno una frase di von Hofmannstahl, dal suo Libro degli amici: ‘la profondità va nascosta. Dove? In superficie’. La annotai perché mi sembrava giusta, senza sapere in che modo. Ora lo so: nella scrittura sacra la profondità sta alla superficie delle lettere/cellule femminili. L’ebraico è profondo a prima vista”. (E. De Luca 2011)31

La superficie, ovvero ciò che appare, è portatore di spessore fatto di storia e di significati; questa superficie è l’esito ultimo di accadimenti che s’intrecciano con altre superfici e creano nuova storia.

La coppia è il risultato di un percorso, un’attrazione che sbanda completamente i sensi, che attrae ma allo stesso tempo ritrae in sé stessi e nella propria origine.

È un percorso che conduce a riflettere ma che necessariamente deve rimanere vivo, attivo e partecipato; nella coppia si può nascere, morire e rinascere nuovamente, è la dinamicità che non la spegne.

I testi sacri, la psicologia e la tradizione conducono a riflessioni sulla relazione, l’interdipendenza e la reciprocità, termine questo che in sé racchiude una complessità arricchente per i singoli e la coppia, ma che ugualmente implica il sacrificio, la scelta e la costruzione di una nuova storia che veda coinvolti i partners come attori principali.

Questo processo risulta complesso quando la persona non ha affrontato fasi specifiche della propria vita che non permettono alcuna evoluzione ma solo un’involuzione individuale e di coppia.

“L’interessante è che, finché non ci separiamo consapevolmente dalle nostre radici, continueremo a mettere in atto il processo di separazione con le persone significative della nostra vita attuale, il che può essere estremamente dannoso per le nostre relazioni”. (Krishnananda, Amana 2004).

Il distacco comporta però il contatto con i nuclei attivi della paura ad esso connessi; è rischioso prendere le distanze da modalità e persone significative per la nostra crescita interiore, ma è un passaggio fondante per acquisire atteggiamenti e manifestare pretese che siano proprie della persona e non della famiglia d’origine.

Nella terapia con la coppia è anche necessario quindi sviscerare quegli elementi che possono permettere al singolo e ai coniugi di analizzare i processi interni che tengono legati a modelli familiari incrinanti per l’equilibrio e la serenità di coppia.

“Ciò che fa crescere la fiducia è conoscere la storia dell’altro e accogliere le sue ferite nel nostro cuore, comprendendo il suo dolore a un livello profondo”. (Krishnananda, Amana 2004)32.


BIBLIOGRAFIA

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SITOGRAFIA

Etimo: coppia

Antropologia uniduale e relazionale

Cheli E.: Crisi e trasformazione dei rapporti di coppia


NOTE

[1] Psicologa Centro Eos Pavia

[2] A cura di Micciulli Massimo Nato a Roma, da sempre interessato a forme di pensiero “ortopratico” come quello Zen per arrivare allo studio del pensiero ebraico che tra l’altro, come noto, ha generato il pensiero psicanalitico. Ha sempre ritenuto la lingua di un gruppo umano, l’espressione del pensare stesso di quel popolo, inoltre è assertore che lingue madri come il sanscrito e l’ebraico contengono le radici del pensare umano in generale. Attualmente sta approfondendo questo aspetto studiando presso il Collegio Rabbinico di Roma.

[3] E. De Luca (2011): “Le Sante dello Scandalo”. Ed. Giuntina Firenze

[4] Ibidem

[5] A. M. Ferreri (2005): “L’approccio centrato sulla persona e la terapia familiare centrata sul cliente”. Ed. Psicologia

[6] Krishnanda, Amana (2004): “Trust and Mistrust” trad. It. “Fiducia e sfiducia” G. Feltrinelli ed. Economica ORIENTE (2010)

[7] Ibidem

[8] Ibidem

[9] Ibidem

[10] C.R. Rogers (1970): “On Encounter Groups” I Gruppi di Incontro, Roma, Astrolabio, 1976

[11] Kahlil Gibran “Sul matrimonio”

[12] E. Scabini, V. Cigoli (2000), Il famigliare. Legami, simboli e transizioni. Ed. Raffaello Cortina

[13] E. Cheli: Crisi e trasformazione dei rapporti di coppia

[14] A. Schopenhauer, Parerga e Paralipomena

[15] Antropologia uniduale e relazionale FONTI DELLA PUBBLICAZIONE Gn 1, 27 «Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». Ed egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi» (Mt 19, 3-7).

Num 27, 16. La questione donna viene riletta da tutta una corrente illuminata di teologhe tra le quali ricordiamo M. FARINA, La questione donna: un’istanza critica per la teologia, in “Ricerche Teologiche”, anno I, numero unico (1990), 91-120; C. MILITELLO, Donna in questione. Un itinerario ecclesiale di ricerca, Cittadella, Assisi 1992.

[16] F. NIETZSCHE, Così parò Zarathustra, Adelphi, Milano 1975, 31 ss.

[17] L. C. Wynne (1984), Epigenesi dei sistemi di relazione: un modello per comprendere il processo di sviluppo di una famiglia, in “ Family Process”, 23, 3, pp 83 – 110.

[18] Neuburger R., (2001), La coppia. Il suo mito, il suo terapeuta, Franco Angeli Editore, Milano

[19] Etimo: coppia

[20] L’ebraismo non dice in cosa credere, ma come credere. Non ha dogmi. Non ha una gerarchia. La lingua ebraica è una lingua morta che ha ripreso vita solo il secolo appena trascorso e se Mosè passeggiasse a Gerusalemme, potrebbe ordinarsi tranquillamente qualcosa da mangiare o chiedere delle informazioni. Questo fatto fa sì che in questa lingua siano presenti degli archetipi ormai invisibili in altre lingue. Non è un caso che un testo ritenuto ispirato come il Pentateuco, sia stato riportato per iscritto in ebraico. Un testo del genere non si traduce; lo si interpreta lettera per lettera, spaziatura per spaziatura. Le parti in bianco sono importanti come quelle in nero delle lettere.

[21] Erikson E., (2001), Infanzia e società. Edizioni Armando, Roma.

[22] Minuchin, S. (1974) Famiglia e terapia di famiglia. Tr. it. Astrolabio, Roma 1976.

[23] Stierlin, H. (1975) Dalla psicoanalisi alla terapia della famiglia. Tr. it. Bollati Boringhieri, Torino 1979.

[24] Dall’Aglio C., Marmocchi P., Zannini M. (2005), Carl Rogers e il progetto di life skills dell’OMS. ACP Rivista di studi rogersiani ibidem.

[25] ibidem

[26] Confalonieri E., Gavazzi I.G. (2002); “Adolescenza e compiti di sviluppo”Milano Ed. Unicopli. ibidem

[27] Zani B. (1997a) “Adolescenza e famiglia” In A.Palmonari (a cura di), Psicologia dell’adolescenza, il Mulino Bologna,pp 229 – 250

[28] ibidem

[29] Vegetti Finzi S., Battistin A.M., (2000), “L’età incerta. I nuovi adolescenti.” Milano Ed. Mondadori

[30] Rogers C.R. (1980) A Way of Being, Boston, Ma. Houghton Mifflin Co. (trad. it. Un modo di essere, Martinelli, Firenze, 1983).

[31] Rogers, C.R. (1972a) “Becoming Patners” trad. It. “Partners. Il matrimonio e le sue alternative”, Astrolabio, Milano 1976, traduzione di Augusto Menzio da Becoming Partners. Marriage and its alternatives.

[32] O’ Leary C. J. (1999), “Counselling couples and families. A persona-centred approach”. London trad. it. (2002) “Counseling alla coppia e alla famiglia. Un approccio centrato sulla persona. Erikson, Trento.