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Progettarsi senza perdersi: il rapporto di coppia dopo l’arrivo di un figlio

Autore: Dr.ssa Claudia Jasmin Marelli – psicologa e psicoterapeuta Centro Eos
Autore: Dr.ssa Arianna Vigotti – dottoressa in scienze psicologiche – tirocinante presso Centro Eos

“Tieni sempre conto del fatto che un grande amore e dei grandi risultati comportano un grande rischio”.
Dalai Lama

Con la nascita di un figlio, la storia familiare si arricchisce della presenza di una terza generazione che può determinare un’evoluzione personale e di coppia. Il nascituro di fatto introduce molteplici variabili prima non presenti e modifica profondamente gli equilibri precedenti il suo arrivo. Di fronte alla venuta di un figlio la coppia ha pertanto il compito di riorganizzare il proprio assetto per riconfermare il suo senso di identità e di stabilità in funzione del cambiamento in atto. L’avvento di un figlio può considerarsi, infatti, una sorta di “CRISI DI COPPIA” per la sua potenziale portata evolutiva e trasformativa oltre per i rischi presenti in esso, se gestito in modo inadeguato.

Il passaggio alla funzione genitoriale implica più precisamente un riassetto personale e della coppia stessa che può presentarsi unitamente a momenti di insicurezza e confusione, in parte anche necessari. La genitorialità effettivamente modifica in maniera profonda e durevole le singole personalità e la coppia nel suo insieme.; questo mutamento si verifica maggiormente con l’arrivo del primogenito. È con quest’ultimo, difatti, che si diventa per la prima volta genitori e ciò comporta un maggiore investimento a livello psichico. Altro elemento di basilare importanza è rappresentato dalle prerogative del legame di coppia. Questo non di rado risulta determinante per la qualità dell’accoglienza che i due genitori saranno in grado di fornire al nascituro. Non qualificherà i singoli genitori in quanto inadatti, bensì definirà il clima intrafamigliare per il bambino, che rischierà di percepire a pieno tensioni e malumori anche nascosti. Gli incontri a tema “Progettarsi senza perdersi”, organizzati dal Centro Eos nell’anno 2012, avevano proprio lo scopo di permettere alle coppie con figli di rapportarsi con altre coppie di genitori o desiderosi di diventare tali sul tema del mantenimento di un buon rapporto di coppia dalla gravidanza all’uscita di casa dei figli. Tali incontri sono stati strutturati come “salotti” per discutere di un tema che spesso viene tralasciato nel momento in cui si diventa genitori, allo scopo di concentrarsi maggiormente sulla genitorialità.

Gli anni di lavoro clinico dello staff del Centro Eos hanno però evidenziato come le capacità genitoriali e il clima relazionale in cui vive il bambino siano strettamente correlati al legame esistente nella coppia.

Qui di seguito verrà quindi preso in esame il periodo che va dalla gravidanza all’arrivo di un bambino, ponendo l’accento anche sugli studi scientifici svolti a livello internazionale, oltre che sull’esperienza clinica degli psicoterapeuti del Centro Eos.

La letteratura scientifica

La scelta di avere figli rappresenta un importante cambiamento nella vita di una coppia. Nel prendere tale decisione ci si può porre una domanda fondamentale: “Come un bambino cambierà il rapporto a due?”. Oggi per molte persone diventare “giovani adulti/adulti” può costituire un passaggio evolutivo carico di sensazioni di libertà e concentrazione su di sé. Di conseguenza, può verificarsi, nelle giovani coppie, un maggiore contrasto tra la vita adulta e i primi anni di genitorialità che rende questa transizione ancora più complessa, conducendo talvolta ad una maggiore insoddisfazione coniugale. Sono decenni che la letteratura coniugale e familiare discute se avere un bambino provochi cali significativi in un rapporto di coppia e, nonostante la rilevanza del tema, anche i principali ricercatori non hanno ancora raggiunto un accordo circa il suo impatto. Secondo alcuni si può concludere con una certa sicurezza che la transizione alla genitorialità rappresenti un periodo di cambiamento stressante, e talvolta disadattivo, per una percentuale significativa di nuovi genitori (Cowan e Cowan, 1995). Altri ritengono, invece, che i dati attualmente disponibili non siano in grado di sostenere la tesi secondo cui l’essere genitori comprometta complessivamente la soddisfazione coniugale (Huston e Holmes, 2004). Tali divergenze nascono principalmente dalle diverse metodologie utilizzate per studiare l’effetto della transizione alla genitorialità.

Generalmente, la maggior parte delle ricerche sulla suddetta transizione ha rilevato che tra le coppie che diventano genitori si verifica una drastica riduzione degli interscambi positivi, un drammatico aumento del conflitto ed un rapido declino della soddisfazione coniugale.

La nascita del primo figlio ha infatti un effetto negativo da piccolo a medio sul funzionamento del rapporto di coppia, sia per le madri che per i padri. L’entità di tale deterioramento appare più piccola rispetto a quanto sostenuto in passato da molti studi di transizione alla genitorialità (Cowan e Cowan, 1995, 2000; Gottman et al., 2002), ma assolutamente in linea con altri studi più recenti (Kurdek, 1993; Simpson et al., 2003). In effetti, come notato da Houston e Holmes, le ricerche passate potrebbero avere accidentalmente catturato il cosiddetto periodo di “luna di miele” vissuto dalle coppie durante la gravidanza e confuso il tipico deterioramento del rapporto che si verifica ancor prima della nascita con problemi attribuibili, invece, a tale passaggio. Gli effetti negativi tendono inoltre a persistere nel tempo, attraverso almeno i primi quattro anni dopo la nascita1  e l’entità delle variazioni della soddisfazione all’interno del rapporto differisce soprattutto in base al genere del genitore/coniuge.

Le madri di fatto tendono a mostrare repentini cali di soddisfazione nel rapporto di coppia appena dopo il parto, mentre i padri manifestano diminuzioni più graduali che appaiono meno evidenti fino a 6-15 mesi dopo la nascita (Belsky e Hsieh, 1998; Grote e Clark, 2001). Più specificatamente, le madri riportano incrementi improvvisi per quanto concerne la sfera della gestione dei conflitti e sottolineano una maggiore intensità dei problemi rispetto ai padri, mostrando dunque una più elevata sensibilità rispetto all’impatto su tali sfere in seguito all’arrivo del figlio.

Le ricerche più recenti sulla transizione alla genitorialità hanno individuato infine una serie di variabili secondo cui le relazioni si modificano, mentre i genitori si adattano alla nascita di un bambino.

Lawrence et al. (2008), ad esempio, focalizzandosi con particolare attenzione sul periodo pre-nascita e attraverso i successivi dodici mesi, confermano l’ipotesi di diminuzione della soddisfazione coniugale a seguito della nascita di un bambino, ma suggeriscono soprattutto l’importanza della pianificazione della nascita e del livello di soddisfazione coniugale pre-gravidanza come elementi correlati a declini meno consistenti nel tempo.

Altri fattori rilevanti che possono rendere ulteriormente prevedibili variazioni nella qualità del legame di coppia sono sicuramente lo stato e la lunghezza della relazione. Sebbene solo pochi studi abbiano esplicitamente esaminato la qualità della relazione tra coppie non sposate, ciò che è noto ad oggi è che il rapporto appare probabilmente più instabile per i genitori non sposati (Carlson, 2007; Rogers e White, 1998). Analogamente, un’unione più duratura con il partner prima della gravidanza ne influenza la qualità durante la transizione alla genitorialità: maggior tempo trascorso prima della maternità sottintende maggiore conoscenza, stabilità e maturità all’interno della relazione (Bouchard et al. 2008).

In riferimento alla sfera del tempo libero, Claxton e Perry-Jenkins (2008) hanno invece evidenziato una diminuzione del tempo libero condiviso fra le coppie a doppio reddito a seguito della nascita di un figlio, mostrando quindi quanto una maggiore dose di svago risulti positivamente associata a sentimenti di amore e negativamente collegata al conflitto.

Nonostante il calo complessivo di soddisfazione vissuto dalle coppie che diventano genitori è però necessario ribadire che non tutte diventano meno soddisfatte della propria relazione. La variabilità di reazioni e di adattamenti possibili suggerisce dei percorsi per la ricerca futura sui rischi e sulla resilienza durante questo periodo tipicamente stressante.

Per comprendere perché alcune coppie si deteriorano mentre altre migliorano o restano ugualmente soddisfatte con la nascita di un figlio gli studiosi hanno evidenziato “tre costrutti” fondamentali.

Le vulnerabilità durature, la natura dell’evento stressante (nascita) e la qualità dei processi adattativi delle coppie sono infatti le variabili riconosciute per avere un impatto sulla soddisfazione all’interno della coppia nel corso del tempo (Karney e Bradbury, 1995). Del primo costrutto alcuni studi hanno dimostrato che il funzionamento della relazione all’interno della famiglia d’origine (storia di divorzio, conflitti di vario genere ecc.) incide sul funzionamento dell’attuale rapporto a due, con una maggiore sensibilità da parte della partner femminile (D’Onofrio et al., 2007; Story et al., 2004).

Anche alcune caratteristiche dell’evento stressante predicono cambiamenti nel funzionamento della coppia. In particolare, i padri che avevano avuto un figlio più rapidamente in seguito al matrimonio evidenziavano ulteriori cali di soddisfazione all’interno della relazione rispetto a quelli che avevano invece atteso più a lungo.

Alcuni aspetti dei processi adattativi delle coppie antecedenti l’arrivo di un figlio, infine, possono preannunciare declini nel funzionamento della relazione in seguito. Ad esempio, i soggetti che riferivano più difficoltà nella gestione dei conflitti già prima della nascita di un figlio registravano incrementi significativamente più elevati delle stesse pure dopo la nascita. In più, la presenza di una comunicazione “negativa” predisponeva i soggetti a un rischio maggiore di sviluppare un ulteriore aumento del problema nel post-parto (Kluwer e Johnson, 2007).

Gli studi quindi riportati non trovano un accordo e un comune denominatore che identifichi elementi predittivi per la coppia. Se da un lato tale assenza può essere percepita come un vuoto sostanziale per l’attuale psicologia, dall’altro può confermare che la stessa disciplina non può essere annoverata tra le scienze esatte e che tale definizione può rendere la stessa sterile per chi si occupa di esseri umani e complessità esistenziali.

Esperienza clinica

Qui di seguito verranno prese in considerazione alcune delle riflessioni emerse durante il lavoro clinico e il confronto terapeutico del Centro Eos.

La gravidanza e il parto

Il riassetto nominato in precedenza si verifica parzialmente già durante il periodo della gravidanza; le ragioni di suddetto “cambiamento” sono da ricondurre a svariati fattori, da quelli più biologici a quelli più relazionali. Talvolta, infatti, i futuri genitori percepiscono il legame modificato anche solo a causa di un decremento dell’attività sessuale degli stessi. Un calo della libido di matrice ormonale, associato a timori per la salute della futura madre o fantasie inibitorie sul piano psico-fisico della donna o del partner, possono compromettere notevolmente l’attività sessuale dei coniugi.

Questo processo può esporre la coppia ad un rischioso allontanamento sessuale che già in molti casi, comunque, la nascita di un figlio può determinare. In altre circostanze, invece, il riassetto è determinato dalla differenza di vissuti tra uomini e donne, mentre in altre situazioni i sentimenti di solitudine che la donna può provare in gravidanza possono darle la sensazione di essere realmente sola. Sta di fatto che il periodo della gravidanza sottopone i due futuri genitori ad una serie di quesiti anche rispetto al loro attuale e futuro rapporto di coppia.

Come sarò come genitore? Come sarà il mio partner come genitore? Andremo d’accordo? Riusciremo a ritagliarci uno spazio? E il lettone?

Il primo tentativo messo in atto dai singoli e dalla coppia, quindi, è quello di rimanere fedele a se stessa e alle proprie aspettative, frutto principalmente di un mondo di fantasie a volte irrealistiche.

L’arrivo del bambino

Ma quando il bambino arriva cosa accade? La fantasia della genitorialità è rispecchiata nella realtà? Sovente la realtà del bambino è notevolmente differente dalla fantasia ad esso connessa, a tal punto che numerose mamme dichiarano di vivere il nascituro quasi come “diverso dal bimbo in pancia”.

La nuova venuta crea inoltre una nuova diade principale “mamma-bimbo” che soverchia il precedente equilibrio duale “moglie-marito”, quindi l’amore materno rischia di prendere il sopravvento sull’amore coniugale. Parte di tale mutamento è da attribuire al bisogno simbiotico che il bimbo manifesta verso la madre e alla dose di amore e necessità che lui stesso ha della donna e che nessun partner potrà mai mostrare verso la compagna.

Vi sono però alcuni elementi insiti nella vita di coppia che non potranno mai appartenere ad una “sana” relazione genitoriale:

Passione (ti desidero): fatta di sguardi, complicità e contatto psichico e fisico.

Affetto (ti amo): l’amore per un figlio è di un’intensità imparagonabile, ma l’amore di una coppia non può essere soppiantato da un figlio. Il vuoto che si sente dall’assenza di amore di coppia rischia di essere riversato sul bambino, il quale percepirà di dover riempire vuoti da lui incolmabili.

Impegno (ti scelgo): un figlio non si sceglie, un partner si. Pensare all’altro come ad una scelta fatta e da riconfermare in ogni momento pone il rapporto in una dimensione di dinamicità che necessita sempre di essere riconosciuta.

Come il bambino potrà attivare un confronto, una condivisione, un impegno comune ed essere occasione per riattivare un forte coinvolgimento emotivo, potrà parimenti mettere a dura prova la relazione di coppia.

Sarà quindi premura della coppia confrontarsi sulle fatiche e sul desiderio di un contatto a due che a tratti si potrebbe sentire assente.

Qualche piccola indicazione

  • Attenzione alla creazione di intimità attraverso il dialogo, tenendo presente l’altro e i suoi bisogni, adesso anche come genitore (riconoscimento, coinvolgimento e supporto nel nuovo ruolo).
  • Mantenere fantasie condivise: senza fantasie non si può fare l’amore.
  • Mantenere degli spazi intimi privati.
  • Chiedere l’aiuto delle persone vicine non vuol dire farsi invadere dai famigliari.
  • Tollerare il bambino nell’altro/a (ognuno è un po’ bambino dentro).
  • È normale che si presentino litigi sulla gestione dei figli: la capacità cooperativa è una risorsa decisiva nella coppia.
  • Creare una genitorialità condivisa attraverso il dialogo e la rinegoziazione di se stessi e del rapporto.
  • Ricontrattare gli obiettivi DI COPPIA man mano che i figli crescono (non si è più gli stessi e bisogna riscoprirsi).
  • Modificazioni profonde anche nell’universo comunicativo della coppia (di cosa si parlava ad una cena prima del figlio?).
  • Il lettone va gestito e pensato… (basta teorie sulla gestione del sonno e del rapporto, ciò che conta è il pensiero che tiene uniti anche nei momenti in cui il bambino dorme nel lettone).
  • La nascita del figlio richiede un “rientro nella socialità”.
  • Attenzione ai giudizi esterni sul proprio ruolo genitoriale o quello del vostro partner (è importante FIDARSI dell’altro genitore).
  • Le decisioni appartengono al nuovo nucleo famigliare, non dalle rispettive famiglie di appartenenza.
  • I padri devono essere inclusi, partecipare attivamente alla relazione e alla gestione (questo non comporta che svolga il ruolo di MAMMO, bensì di PAPÀ!).

Conclusioni

I risultati sopra riportati ovviamente non hanno lo scopo d’invitare le coppie ad avere o non avere figli. Dopo tutto, secondo gli studi menzionati, gli effetti negativi sulla soddisfazione coniugale sono relativamente ridotti e colpiscono principalmente alcuni gruppi e/o individui in determinati stadi di sviluppo relazionale.

È altresì bene specificare che gli studi esistenti sono essenzialmente di tipo correlazionale, pertanto non si può affermare con certezza che avere figli causi una qualsiasi forma di insoddisfazione coniugale. Tuttavia, tali conoscenze possono rivelarsi particolarmente utili nell’aiutare le coppie a definire aspettative ragionevoli e/o ad apportare modifiche strutturali che le potrebbero aiutare a diminuire l’onere insito nella gestione famigliare e della coppia.

Il bambino dal suo arrivo in poi diventa centrale per i genitori; se precedentemente la maggioranza delle coppie era focalizzata sul partner, ora il focus si è spostato soprattutto sul nascituro con il conseguente rischio di perdere di vista l’altro.

Inoltre, seppur nei discorsi inizialmente si parlerà quasi totalmente del bambino, col passare del tempo sarà lui stesso a interagire attivamente nei dialoghi famigliari richiamando l’attenzione dei genitori. Questa frammentazione comunicativa richiederà uno sforzo ulteriore da parte della coppia che sarà tenuta a ritagliare momenti ad hoc per evitare che argomenti rilevanti vadano perduti.

La comunicazione e la gestione dell’intimità fisica e psichica del resto sono due tra le variabili maggiormente compromesse con l’arrivo di un figlio.

L’assunzione di consapevolezza rispetto al proprio ruolo genitoriale può infatti proteggere la coppia da tentativi d’invadenza famigliare, molto frequenti dalla gestazione in poi.

Ad ogni modo ognuno è genitore per com’è, non esistono regole o direttive standard, bisogna fidarsi di se stessi e della persona che si è scelta di avere accanto!

Avere una maggior coscienza delle trame connaturate alla genitorialità potrebbe già ridurre, se non addirittura eliminare, l’influenza negativa che un bambino può avere sulla soddisfazione coniugale. I fattori stressanti legati alla coppia possono essere pertanto minimizzati attraverso una maggiore consapevolezza, pianificazione e comunicazione tra partner.

Chiunque sia adulto può e deve, soprattutto per il suo bene, riuscire a provare tanto amore e tanta gratitudine per i propri genitori, anche se il loro rapporto di coppia è stato conflittuale. Loro stessi hanno, a loro volta, molto probabilmente acquisito il loro modello affettivo dai loro genitori e così via. Per chi non ama se stesso giungere a questa consapevolezza può sembrare molto difficile perché sembra molto più facile dare sempre la colpa agli altri. In realtà provare amore e gratitudine per qualcuno a cui si è stati e si è, nel bene e nel male, collegati, è la cosa più facile e naturale che verrebbe spontanea a tutti, se non fosse per il fatto che ognuno ha una memoria dalla quale attinge continuamente e con particolare attenzione a tutto ciò che ha prodotto in lui sofferenza. Ognuno ha anche una mente che, quando soffre, cerca sempre un colpevole a cui poter attribuire la responsabilità del proprio dolore e lo fa quasi sempre cercando nel posto sbagliato: all’esterno di sé.” Fabio Marchesi nel testo ‘La coppia illuminata’.

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Note

1 Gli studi misurano un periodo di tempo breve, da un anno prima del parto con follow-up che raramente superano i cinque anni (Luhman et al., 2012).